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Quante volte, mia madre, notando la mia smania di ricerca di qualcosa che neanche io sapevo cosa fosse, mi rivolgeva: "che vvì usemènne?", alludendo a quell'attività che, molto spesso, si mette in pratica per trovare qualcosa da mettere sotto i denti, anche se si poteva abbinare ad altri tipi di ricerca. Migliaia, forse milioni. Un suono ed un volume che variava a seconda della mia insistenza. Quell'idioma così particolare, fortemente in disuso, mi è rimasto nelle orecchie per tutto l'arco del mio cammino e, trovandomi oggi a raccogliere queste piccole perle dialettali, lo trovo particolarmente adatto a sintetizzare, come titolo, la ricerca effettuata tra i vari scritti prodotti nel tempo, per due ordini di motivi: 1) la dolcezza del ricordo di quei momenti irripetibili; 2) la stessa felicità a desiderio esaudito. Le poesie sono trascritte anche in lingua italiana.